La Tanzania è una regione molto interessante, non solo perché essa è diventata, nel corso degli anni, un grande centro turistico di fama mondiale per via dei numerosi Parchi Nazionali e delle spiagge rigogliose in cui è possibile svolgere numerose attività, ma anche perché essa è un luogo che pullula di abitudini, stili di vita, lingue e culture differenti, anche per via della sua storia coloniale che ha reso possibile l’attestarsi di un concentrato di culture e popolazioni differenti.
L’autenticità di questo luogo è data proprio da questa serie di aspetti fondamentali, che vale sicuramente la pena approfondire per comprendere quanto esso sia diverso da altre mete turistiche di una certa attenzione. Ed è importante precisare che tutti gli aspetti che finora abbiamo approfondito riguardano non solo la lingua principale del posto (lo swahili, che è esempio delle numerose integrazioni e prestiti di altre lingue per via delle varie colonizzazioni che si sono susseguite nel corso dei secoli) ma anche la cultura e, con essa, la religione.
L’esempio lampante della variegata cultura della Tanzania è dato proprio dalla religione che qui viene praticata: infatti, come vedremo, essa non è unica, ma è suddivisa in vari credi anche per merito del diritto che viene garantito dalla costituzione, in cui è possibile praticare la religione che meglio si crede. È anche bene precisare che non sono comunque presenti, ad oggi, dati precisi ed ufficiali riguardo questo aspetto della vita quotidiana della popolazione tanzana, perché dopo il 1967 il governo ha escluso questo tema dai censimenti sia per motivi economici che per motivi politici.
Tuttavia, il dato certo è che il diritto a praticare la religione che si preferisce è garantito dalla costituzione, e nella libertà religiosa vi è anche contemplata la possibilità di conversione ovvero di cambiare religione se, nel corso della propria vita, subentrano eventi per i quali si ha questa necessità.
È anche bene ricordare che, per quanto vi sia una certa libertà religiosa, la politica tiene sotto controllo molti aspetti della sua espressione, dal momento che le organizzazioni religiose devono essere regolarmente registrate presso il Ministero degli Affari Interni e che, ad esempio, quelle musulmane devono inviare una copia della lettera di approvazione al Consiglio della Tanzania.
Dalle stime che oggi possediamo, comunque, (alcune provenienti dal Pew Research Center riferite al 2010, altre provenienti dall’Association of Religion Data Archives (ARDA) riferite al 2015) il cristianesimo è la maggiore religione della Tanzania e la percentuale dei cristiani presente è di circa il 61% della popolazione. A seguito, vi è l’islam con una percentuale del 35%; in netta minoranza, con un 2% vi è la religione seguita dalle popolazioni africane, religione molto tradizionalista; infine, vi è una minima percentuale che segue altre religioni o nessuna.
C’è anche un altro dato interessante, che vale sicuramente la pena sottolineare: in alcune zone e località della Tanzania vi sono delle popolazioni che, pur essendo cristiane e praticandone la religione, scelgono di abbracciare alcune credenze e abitudini delle religioni tradizionali africane. Vi è, in questo caso, una sorta di convivenza tra i credi in cui è però difficile stabilire dei confini ben precisi.
Un altro aspetto merita di essere sottolineato, ed è dato dal fatto che nelle scuole non è comunque obbligatorio l’insegnamento della religione non è obbligatorio, ma esso è consentito e deve essere deciso ed attivato in collaborazione tra insegnanti e rappresentanti dei genitori, che molto spesso offrono volontariamente il loro supporto nell’insegnamento. È tuttavia necessario che gli studenti dichiarino la loro religione, e che le ragazze musulmane indossino il kijab (ma non è consentito indossare il niqab).
Per quanto riguarda i detenuti, anch’essi devono registrare la loro affiliazione religiosa, ma quest’obbligo non è tanto un dovere dovuto al controllo su di essi, quanto alla possibilità che viene offerta ai detenuti di seguire momenti di culto ad essi dedicati.
L’isola di Zanzibar è a maggioranza musulmana: questo consente alla popolazione di fare riferimento alle corti islamiche per quel che riguarda aspetti e questioni che riguardano il diritto di famiglia oppure le questioni civili che possono essere messe sotto il controllo e l’esercizio della religione islamica. Qui la libertà religiosa viene garantita in quanto, come avviene per altre zone della Tanzania, è possibile seguire il credo che si preferisce con libertà espressiva ma talvolta è stato possibile assistere ad episodi di tensione tra la comunità islamica e quella cristiana e tra musulmani secolari e fondamentalisti.
Oltre ad essere seguito dalla maggior parte della popolazione di Zanzibar (si parla comunque di una percentuale altissima, che sfiora il 99%), l’islam è diffuso nelle coste dell’Oceano Indiano ed in qualche caso anche nei centri urbani dell’entroterra. La ripartizione dei musulmani della Tanzania è la seguente: sunniti, con un 14% della popolazione; sciiti, con il 7% della popolazione; ahmadiyya (circa il 6% della popolazione) e piccoli gruppi di ibadi, ismailiti, e sufi.
Il cristianesimo è così ripartito: la maggioranza è cattolica (circa il 31% della popolazione); seguono i protestanti, con il 29% della popolazione e i cristiani di altre denominazioni (che invece sono una netta minoranza, con l’1% della popolazione. La Chiesa cattolica è presente con 7 sedi metropolitane e 28 diocesi suffraganee.
Per quanto riguarda i protestanti, i gruppi sono per lo più luterani, battisti, anglicani, pentecostali, metodisti, e avventisti.
Sono anche presenti ortodossi e Testimoni di Geova, seppur con una percentuale bassissima (come i Mormoni).
Per quanto riguarda le altre religioni locali, sono presenti piccoli gruppi che rispecchiano le antiche tradizioni delle popolazioni del luogo, che credono in un Sio supremo e negli spiriti. In particolare questi ultimi godono di grande rispetto da parte di queste popolazioni che, in molti casi, cercano di mantenere il rapporto con i defunti e con gli spiriti dando ai figli anche il nome di un antenato, oltre che un nome cristiano o musulmano. Queste popolazioni credono molto nelle malattie e nella sfortuna, e per questo motivo si rivolgono ai guaritori ed agli spiriti per ottenere protezione e supporto.
Buddhisti, ebrei, induisti, bahai, sono altre piccole comunità di minoranza.